Lab2Lab – Sangiorgio

Lab2Lab – Sangiorgio

copertina

DI SACCO IN SACCO DI SPHERO IN SPHERO

Roberta Sangiorgio è un’insegnante e una animatrice digitale presso l’Istituto Comprensivo “G. Rodari” Macherio (MB) . Da anni tiene attività di coding nelle sue classi, aiutando anche colleghe e colleghi a prendere dimestichezza con il mondo digitale.

Grazie a Sphero – un piccolo robot sferico comandabile tramite smartphone e tablet – ha aiutato una classe terza di scuola primaria a rafforzare la propria dimestichezza con la classificazione morfologica dell’italiano, cioè con la distinzione tra nomi, articoli, verbi,  aggettivi.

«Nelle mie attività coi robot ho sempre voluto associare programmazione e obiettivi di carattere disciplinare. Questo perché si programma per raggiungere uno scopo, un fine. Quindi il linguaggio del robot, come i suoi movimenti, sono utili per l’acquisizione di altri linguaggi.»

Ma i robot rappresentano ottimi strumenti anche per obiettivi diversi dall’apprendimento di nuovi saperi. Nella classe di Sangiorgio era appena arrivato un nuovo bambino: l’attività con Sphero è stata l’occasione perfetta per inserirlo tra compagni e compagne ed aiutarlo a integrarsi.

L’attività strutturata da Sangiorgio si è articolata in tre lezioni: la prima volta a far prendere dimestichezza col robot, la seconda dedicata alla lingua italiana e alla sua classificazione, mentre nell’ultima fase – conclusiva – intensa a rafforzare quanto appreso precedentemente e prevedere i comportamenti del robot provando a creare un altro percorso.

Il primo dei tre incontri in cui è articolato il progetto è servito a prendere dimestichezza con il robot Sphero, una sfera comandabile da cellulare e tablet.

«Quando l’ho tirato fuori dalla borsa subito hanno cominciato a chiedermi che cos’era.» Per capirlo però bisogna accenderlo…
Sangiorgio li ha lasciati esplorarlo: cercare il bottone di accensione, fare ipotesi, paragoni, speculazioni, dando loro tempo per confrontare i propri ragionamenti. Dopo qualche attimo è andata a prendere un secondo robot – chiamato Blue-Bot – che già avevano conosciuto.
Installata l’applicazione sul telefono ha dato loro il tempo di sperimentare come pilotarlo. 

L’ideale sarebbe stato avere un robot per gruppo di alunni. Ma di Sphero ve n’era uno: Sangiorgio dunque ha dovuto riaddattare l’attività.

«Non solo ce n’era uno a disposizione dell’intera scuola, ma nessuno l’aveva mai usato» racconta la docente. «Le cose devono partire dal basso: se un Dirigente compra questi strumenti nella speranza che poi vengano usati, è assai probabile che rimangano nell’armadio a impolverarsi. Diverso è se sono le insegnanti o gli insegnanti che li portano in aula, ne parlano con i colleghi, mostrano loro come poterli usare. A quel punto vengono impiegati. Cosa che peraltro è capitata con questa attività: ne ho discusso con alcune colleghe che mi hanno chiesto di tenere un piccolo corso, in modo da poter impiegare i robot anche nelle loro ore.»

≪La prima cosa che ho fatto è stata consegnare a ciascun gruppo di alunni una frase in italiano, che poi hanno scomposto≫, ha raccontato la docente. Ritagliate via le parole che ancora non conoscevano, sono rimasti loro in mano nomi, verbi, aggettivi e articoli.

≪A terra allora ho disposto dei sacchetti, uno per classe morfologica. Tra questi e i gruppetti di alunni ho poi piazzato degli ostacoli, cioè delle card colorate sul pavimento.≫ A quel punto bambini e bambine dovevano capire e riportare su una scheda quale percorso avrebbe dovuto fare Sphero se avesse voluto portare la parola scritta sul pezzettino di carta nel sacchetto giusto.

Una volta studiato il percorso giusto, Sangiorgio ha chiamato un gruppo alla volta per mettere in pratica quanto progettato su carta. 

Ogni gruppetto doveva dividersi i compiti: a turno uno guidava il robot in modalità Joystic, gli altri controllavano che il percorso seguito fosse quello giusto; poi si cambiava parole e i ruoli venivano scambiati. ≪In questo modo, comunque, hanno lavorato tutti.≫

Il terzo e ultimo incontro avrebbe dovuto rafforzare ulteriormente le conoscenze e le capacità trasversali acquisite. ≪Purtroppo, però, la scuola ha dovuto chiudere a causa della pandemia, dunque non siamo più riusciti a concludere l’attività.≫

In questo ‘rush finale’ i bambini e le bambine avrebbero dovuto progettare un percorso in cui inserire degli ostacoli da evitare. Chi nel minor tempo possibile fosse riuscito a far giungere il robot al sacco giusto rispetto alla parola assegnata, avrebbe vinto la sfida. 

I vari gruppi si sarebbero poi sfidati tra di loro scambiandosi e assegnandosi nuove frasi e parole.

≪Anche se a distanza, ho comunque avuto modo di raccogliere i commenti dei miei alunni. È emerso che la stessa attività è stata recepita in molti modi diversi.≫ Qui alcune delle considerazioni raccolte:

Alla fine siamo riusciti a far fare tutto il percorso a Sphero ma abbiamo avuto un pò di difficoltà a guidarlo perché quando lo portavamo avanti, tramite il joystick, lui tornava indietro. E poi Sphero è molto difficile da guidare perchè è un robot serio.

Abbiamo imparato a programmare il robot e abbiamo imparato anche a classificare le parole, i nomi, gli articoli e gli aggetti. Abbiamo anche imparato a inserire nelle frasi gli aggettivi, nomi e verbi. Ci è servito per ripassare.

In futuro, Sangiorgio vorrebbe riprendere in mano il progetto ed ampliarlo, aggiungendo magari moduli più tecnologici, dedicati alla struttura dei robot, ma sempre tenendo come cardine l’interdisciplinarietà, punto di forza delle attività della docente.

Sei interessata o interessato al progetto di Roberta Sangiorgio? Faccelo sapere, vi metteremo in contatto.
Lab2Lab fa parte de La cassetta degli attrezzi, la sezione del sito Yunik dedicata alla condivisione di idee, attività, ricerche nell’ambito della robotica educativa.

Lab2Lab – Sangiorgio

Lab2Lab – Sangiorgio – IV parte

copertina

DI SACCO IN SACCO DI SPHERO IN SPHERO

Gli obiettivi dell’attività progettata da Roberta Sangiorgio, insegnante in una classe elementare, erano due: rafforzare le conoscenze linguistiche dei suoi alunni, sfruttando un robot come medium, e favorire la loro coesione interna.

Negli scorsi articoli abbiamo raccontato la fase iniziale del progetto, utile a prendere confidenza con il robot Sphero, e la seconda lezione, dedicata alle categorie morfologiche della lingua italiana.

Il terzo e ultimo incontro avrebbe dovuto rafforzare ulteriormente le conoscenze e le capacità trasversali acquisite. ≪Purtroppo, però, la scuola ha dovuto chiudere a causa della pandemia, dunque non siamo più riusciti a concludere l’attività.≫

In questo ‘rush finale’ i bambini e le bambine avrebbero dovuto progettare un percorso in cui inserire degli ostacoli da evitare. Chi nel minor tempo possibile fosse riuscito a far giungere il robot al sacco giusto rispetto alla parola assegnata, avrebbe vinto la sfida. 

I vari gruppi si sarebbero poi sfidati tra di loro scambiandosi e assegnandosi nuove frasi e parole.

≪Anche se a distanza, ho comunque avuto modo di raccogliere i commenti dei miei alunni. È emerso che la stessa attività è stata recepita in molti modi diversi.≫ Qui alcune delle considerazioni raccolte:

Alla fine siamo riusciti a far fare tutto il percorso a Sphero ma abbiamo avuto un pò di difficoltà a guidarlo perché quando lo portavamo avanti, tramite il joystick, lui tornava indietro. E poi Sphero è molto difficile da guidare perchè è un robot serio.

Abbiamo imparato a programmare il robot e abbiamo imparato anche a classificare le parole, i nomi, gli articoli e gli aggetti. Abbiamo anche imparato a inserire nelle frasi gli aggettivi, nomi e verbi. Ci è servito per ripassare.

Abbiamo Imparato a rispettare meglio le regole grammaticali.

In futuro, Sangiorgio vorrebbe riprendere in mano il progetto ed ampliarlo, aggiungendo magari moduli più tecnologici, dedicati alla struttura dei robot, ma sempre tenendo come cardine l’interdisciplinarietà, punto di forza delle attività della docente.

Sei interessata o interessato al progetto di Roberta Sangiorgio? Faccelo sapere, vi metteremo in contatto.
Lab2Lab fa parte de La cassetta degli attrezzi, la sezione del sito Yunik dedicata alla condivisione di idee, attività, ricerche nell’ambito della robotica educativa.

Lab2Lab – Sangiorgio

Lab2Lab – Sangiorgio – III parte

DI SACCO IN SACCO DI SPHERO IN SPHERO

Roberta Sangiorgio, docente e animatrice digitale all’Istituto Comprensivo “G. Rodari” Macherio, ha ideato un’attività che coniuga robotica e lingua italiana. 

Nello scorso articolo abbiamo raccontato la prima lezione, dedicata a prendere confidenza col robot Sphero, impiegato nel progetto. In questo episodio, invece, è la lingua italiana che diventa protagonista.

≪La prima cosa che ho fatto è stata consegnare a ciascun gruppo di alunni una frase in italiano, che poi hanno scomposto≫, ha raccontato la docente. Ritagliate via le parole che ancora non conoscevano, sono rimasti loro in mano nomi, verbi, aggettivi e articoli.

≪A terra allora ho disposto dei sacchetti, uno per classe morfologica. Tra questi e i gruppetti di alunni ho poi piazzato degli ostacoli, cioè delle card colorate sul pavimento.≫ A quel punto bambini e bambine dovevano capire e riportare su una scheda quale percorso avrebbe dovuto fare Sphero se avesse voluto portare la parola scritta sul pezzettino di carta nel sacchetto giusto.

Una volta studiato il percorso giusto, Sangiorgio ha chiamato un gruppo alla volta per mettere in pratica quanto progettato su carta. 

≪È stato in effetti il momento più delicato: non tanto per l’attività quanto per la disponibilità di un solo robot, cosa che mi ha costretta a lavorare con un gruppo alla volta, creando un po’ troppi tempi morti per il mio stile.≫

Ogni gruppetto doveva dividersi i compiti: a turno uno guidava il robot in modalità Joystic, gli altri controllavano che il percorso seguito fosse quello giusto; poi si cambiava parole e i ruoli venivano scambiati. ≪In questo modo, comunque, hanno lavorato tutti.≫

L’ultima fase del progetto di Sangiorgio sarà protagonista del prossimo articolo, in cui racconteremo obiettivi raggiunti e prospettive future.

Lab2Lab fa parte de La cassetta degli attrezzi, la sezione del sito Yunik dedicata alla condivisione di idee, attività, ricerche nell’ambito della robotica educativa.

LAB2LAB – SANGIORGIO – II PARTE

LAB2LAB – SANGIORGIO – II PARTE

copertina lab2lab

DI SACCO IN SACCO DI SPHERO IN SPHERO

Roberta Sangiorgio è un’insegnante della scuola primaria e un’animatrice digitale. Per il corso di formazione Yunik finanziato da Bosch ha realizzato un’attività dedicata alle parole italiane, più nello specifico alla loro classificazione morfologica, avvalendosi di un piccolo robot. Gli obiettivi del progetto erano due: rafforzare le conoscenze linguistiche, sfruttando il robot come medium, e favorire la loro coesione intera.

Il primo dei tre incontri in cui è articolato il progetto è servito a prendere dimestichezza con il robot Sphero, una palla comandabile da cellulare e tablet.

«Quando l’ho tirato fuori dalla borsa subito hanno cominciato a chiedermi che cos’era.» Per capirlo però bisogna accenderlo…


Sangiorgio li ha lasciati esplorarlo: cercare il bottone di accensione, fare ipotesi, paragoni, speculazioni, dando loro tempo per confrontare i propri ragionamenti. Dopo qualche attimo è andata a prendere un secondo robot – chiamato Blue-Bot – che già avevano conosciuto.

Tra le ipotesi emerse dalla discussione collettiva c’è stata anche quella – corretta – che servisse un’applicazione per farlo funzionare; applicazione che «va scaricata da Google.»

Sangiorgio a questo punto è intervenuta per raffinare quella che lei definisce una ‘conoscenza ingenua’, cioè una conoscenza corretta,  ma ancora imprecisa. «Il mio compito da insegnante è proprio quello di rendere acquisite queste conoscenze ingenue maturate dal mondo. Ho perciò spiegato loro che quello che cercavano è Google Store, un negozio virtuale dove prendere l’applicazione.»


Installata l’applicazione sul telefono ha dato loro il tempo di sperimentare come pilotarlo. 

«Uno alla volta, ho provato a far loro muovere Sphero in modo che, nelle lezioni successive, sapessero già bene come usarlo. Tempo pochi istanti col telefono e qualcuno di loro aveva già capito come cambiare le luci del robot.»

L’ideale sarebbe stato avere un robot per gruppo di alunni. Ma di Sphero ve n’era uno: Sangiorgio dunque ha dovuto riaddattare l’attività.

«Non solo ce n’era uno a disposizione dell’intera scuola, ma nessuno l’aveva mai usato» racconta la docente. «le cose devono partire dal basso: se un Dirigente o una Dirigente comprano questi strumenti nella speranza che poi vengano usati, è assai probabile che rimangano nell’armadio a impolverarsi. Diverso è se sono le insegnanti o gli insegnanti che li portano in aula, ne parlano con i colleghi, mostrano loro come poterli usare. A quel punto vengono impiegati. Cosa che peraltro è capitata con questa attività: ne ho discusso con alcune colleghe che mi hanno chiesto di tenere un piccolo corso, in modo da poter impiegare i robot anche nelle loro ore.»
Nel prossimo articolo vi racconteremo la seconda fase dell’attività, dedicata alle parole della lingua italiana. Lab2Lab fa parte de La cassetta degli attrezzi, la sezione del sito Yunik dedicata alla condivisione di idee, attività, ricerche nell’ambito della robotica educativa.

LAB2LAB – SANGIORGIO – II PARTE

Lab2Lab – Sangiorgio – I parte

DI SACCO IN SACCO DI SPHERO IN SPHERO

Roberta Sangiorgio è un’insegnante e una animatrice digitale presso l’Istituto Comprensivo “G. Rodari” Macherio (MB) . Da anni tiene attività di coding nelle sue classi, aiutando anche colleghe e colleghi a prendere dimestichezza con il mondo digitale.

Come lei stessa ha raccontato in un articolo uscito su Nòva de IlSole24ore, se usato in maniera corretta, ossia non come surrogato della carta, il digitale consente forme di “progettazione creativa” oltre che a rappresentare un mezzo utile ad apprendere competenze di base e nuove conoscenze. Perciò vale la pena utilizzarlo!

Sua è l’attività che andremo a raccontare nei prossimi quattro episodi di Lab2Lab. Grazie a Sphero – un piccolo robot rotondo comandabile tramite smartphone e tablet – ha aiutato una terza di scuola primaria a rafforzare la propria dimestichezza con la classificazione morfologica dell’italiano, cioè con la distinzione tra nomi, articoli, verbi,  aggettivi.

«Nelle mie attività coi robot ho sempre voluto associare programmazione e obiettivi di carattere disciplinare. Questo perché si programma per raggiungere uno scopo, un fine. Quindi il linguaggio del robot, come i suoi movimenti, sono utili per l’acquisizione di altri linguaggi.»

Ma i robot rappresentano ottimi strumenti anche per obiettivi diversi dall’apprendimento di nuovi saperi. Nella classe di Sangiorgio infatti era appena arrivato un nuovo bambino: l’attività con Sphero è stata l’occasione perfetta per inserirlo tra compagni e compagne ed aiutarlo a integrarsi.

L’attività strutturata da Sangiorgio si è articolata in tre lezioni: la prima volta a far prendere dimestichezza col robot, la seconda dedicata alla lingua italiana e alla sua classificazione, mentre nell’ultima fase – conclusiva – intensa a rafforzare quanto appreso precedentemente e prevedere i comportamenti del robot provando a creare un altro percorso.
Lab2Lab fa parte de La cassetta degli attrezzi, la sezione del sito Yunik dedicata alla condivisione di idee, attività, ricerche nell’ambito della robotica educativa.

Lab2Lab – Giuditta Miccinesi

Lab2Lab – Giuditta Miccinesi

miccinesi-lab2lab

PUò UN ROBOT AIUTARE A SPIEGARE UN ARGOMENTO SCIENTIFICO DEL PROGRAMMA SCOLASTICO?

Con l’aiuto di un robot è possibile far comprendere concetti fisici ai bambini e alle bambine di una classe di quarta elementare?

La risposta data da Giuditta Miccinesi, insegnante alle scuole primarie, è sì.

Ai suoi alunni, Miccinesi ha deciso di proporre un corso di robotica, senza però mettere da parte gli argomenti scolastici del programma: «i robot possono essere validi strumenti di supporto didattico.»

Giuditta insegna materie scientifiche e ha scelto di parlare della ‘misurazione’ e dei suoi strumenti in maniera non convenzionale. Per farlo, si è avvalsa dell’aiuto di un piccolo robot, di nome Ollie, il cui funzionamento intuitivo lo rende particolarmente adatto all’uso in classe.

Il percorso si articolava in tre incontri: uno volto a prendere confidenza col robot, uno con gli strumenti di misurazione e il terzo dedicato alla progettazione di piccoli percorsi per Ollie.

In tutte queste fasi «quello che mi interessava era aiutare i bambini e le bambine a fare delle ipotesi e a ragionare su di esse. Le domande erano volte solo e soltanto a stimolare in loro il ragionamento.»

Dunque, un progetto di scoperta empirica della conoscenza, che prevedeva l’adulto in veste di sollecitatore di quesiti e non suggeritore di risposte.

Ingrediente principale del laboratorio: il robot Ollie. Obiettivo di fondo: avvicinare i  bambini e le bambine alla robotica senza togliere ore all’insegnamento didattico ordinario. 

Il primo step dell’attività con Ollie è stato prendere confidenza con il piccolo robot. Questo si sarebbe potuto fare presentandolo agli alunni e spiegando loro cosa avevano davanti. Ma per Giuditta Miccinesi era importante adottare un approccio diverso, stimolando il ragionamento sull’oggetto che avevano davanti invece che dirigerlo.

Ecco dunque che la prima domanda che ha posto loro è stata ‘che cos’è?’.

Le risposte sono state le più varie: uno stereo, un apribottiglie elettrico, un termometro per rilevare la temperatura, una specie di piccolo aspirapolvere…

L’insegnante li ha lasciati fare, finché la parola robot non ha incominciato a circolare in maniera spontanea e sempre più frequente. A quel punto ha chiesto chiarimenti su come potesse funzionare e, dopo averli fatti ragionare in gruppo, gli ha mostrato come accenderlo e come farlo muovere.

«È bastato spiegare loro che Ollie poteva fare una sola cosa per volta ed osservarlo qualche minuto mentre lo muovevo per far emergere una prima riflessione sul concetto di inerzia» ha raccontato Miccinesi, con una certa soddisfazione.

Il robot infatti può muoversi avanti e indietro (e curvare) ma tra quando riceve il comando di arresto a quando si ferma passa sempre del tempo (e dello spazio). Una cosa che i bambini e le bambine hanno notato subito.

Una volta presa confidenza con Ollie, Giuditta Miccinesi ha posto una seconda domanda: di quanto si muove il robot?

Ancora una volta, i bambini hanno speculato per un po’, confrontandosi tra di loro. Poi qualcuno ha nominato i metri. Ecco dunque che l’insegnante è intervenuta, proponendo di misurare questi metri.

Ha tirato fuori e distribuito ai vari gruppetti dei misteriosi oggetti: una ruota metrica, una stecca con perno, una bindella, una bolla, un metro pieghevole e un calibro.

Li ha poi esortati a capire come funzionassero, lasciando come istruzione generale quella di compilare una scheda descrittiva, il cui obiettivo, di fatto, era guidare i ragionamenti.

Di tanto in tanto, l’insegnante li interrompeva con alcuni quesiti “filosofici” del tipo: «come faccio a misurare uno strumento che mi serve per misurare?». Ogni volta, gli alunni riprendevano a discutere, formulando ipotesi, confrontandole tra loro, per poi provare a verificarle empiricamente maneggiando l’oggetto: la base del metodo scientifico.

Nell’ultima parte della lezione, Giuditta Miccinesi ha messo assieme la discussione su Ollie e quella sugli strumenti di misurazione, facendo correre il robot e chiedendo ai bambini e alle bambine di riprendere in mano la domanda su quanto si muovesse.

Qui il problema dell’inerzia si è reso oltremodo palese perché tra la fine dell’accelerazione (segnalata dall’accendersi di un led) e la fine del movimento della pallina robotica passavano diversi metri.

In questo momento, l’insegnante è servito a introdurre il concetto da un punto di vista scientifico, scolastico, arrivandoci però attraverso un esempio pratico, sotto i loro occhi, già abbozzato da loro: «Ho notato che le luci si accendono ma il robot continua ad andare.»

«I freni di Ollie non sono potenti quindi la macchina continua ad andare avanti.»

Dopo aver introdotto i robot e gli strumenti di misurazione, Giuditta ha chiesto ai propri alunni e alle proprie alunne di guidare Ollie lungo il corridoio della scuola. Domandando di stimare quanta distanza e a che velocità doveva andare per arrivare in fondo.

Bambini e bambine hanno lavorato in gruppo. Questo per indurli a interagire tra loro, ad ascoltarsi e a trovare un modo di mediare e accordarsi. Queste sono competenze sociali che dopo la pandemia e, in un mondo del lavoro sempre più basato sul lavoro di squadra, sono diventate ancora più importanti.

L’obiettivo di questo step dell’attività era riflettere sulla correlazione tra spazio e tempo. I gruppi si sono divisi, hanno fatto delle ipotesi che, poi, uno alla volta, con l’aiuto di Miccinesi, hanno testato.

«Mi ha colpito molto, e in senso positivo, come spontaneamente abbiano deciso di fare tesoro dei risultati ottenuti dagli altri gruppi per non ripetere i comandi che si sono rivelati sbagliati» ha commentato Giuditta.

«Nella mia testa ognuno avrebbe dovuto provare a verificare l’ipotesi che aveva stabilito e poi eventualmente sistemarla.»

E invece alcuni alunni hanno deciso di cambiare i valori dati all’inizio sulla base delle esperienze precedenti. Ragione per cui – alla fine – Ollie è arrivato in fondo al corridoio grazie al lavoro di tutta la classe.

Una piccola conferma di quanto l’interazione coi robot, seppur implicitamente, possa essere di grande aiuto per arrivare a capire non solo un contenuto scientifico (in questo caso la relazione tra spazio, tempo e velocità) ma anche a comprendere come funziona la ricerca scientifica, che del confronto con le altre squadre del lavoro e del continuo miglioramento sulla base dei risultati passati ha fatto il proprio cardine.

Il terzo incontro, quello conclusivo, avrebbe dovuto essere dedicato alla progettazione di un semplice percorso per il robot. Ma la creatività dei bambini e delle bambine ci ha messo lo zampino…

«Le indicazioni erano di usare il materiale scolastico che avevano a disposizione e la carta a quadretti» ha raccontato Miccinesi. «Io avevo chiesto loro di fare un percorso semplice. Mi sono ritrovata con i bambini e le bambine che progettavano percorsi da scalare, tunnel, salti!»

L’insegnante li ha lasciati fare. «A me interessava che ragionassero attorno ai concetti di spazio e velocità che avevamo visto in corridoio, ma si sono scontrati anche con l’attrito. Ho capito che questi percorsi complicati in realtà erano perfetti, perché alcuni materiali facevano scivolare il robot, altri no. Dunque, implicitamente bambine e bambini hanno dovuto risolvere nuovi problemi.»

Di sfide pratiche e coinvolgenti ve ne sono state molte. Dal superare un ponte a fare i gradini senza che il robot si rompesse.

«Nel caso delle scale, per esempio, hanno capito che dovevano creare al robot una specie di sponda. Ci hanno pensato su per un po’ e poi hanno capito che potevano usare le cartelle per crearlo.»

Questo tipo di esercizi richiedono di ragionare attorno a un problema e trovare una soluzione con quello che si ha a portata. «Una competenza che si porteranno avanti per tutta la vita.»

Il percorso di Giuditta Miccinesi è uno dei lavori sviluppati durante uno dei corsi di formazione di Yunik e RobotiCSS Lab.

La ricerca condotta da Giuditta Miccinesi è un progetto universitario, semplice da realizzare e applicabile fin dall’età infantile. Sei interessata/o a provarlo con la tua classe o il gruppo di bambine/i che educhi? Contattaci!