Lab2Lab – Giuditta Miccinesi

Lab2Lab – Giuditta Miccinesi

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PUò UN ROBOT AIUTARE A SPIEGARE UN ARGOMENTO SCIENTIFICO DEL PROGRAMMA SCOLASTICO?

Con l’aiuto di un robot è possibile far comprendere concetti fisici ai bambini e alle bambine di una classe di quarta elementare?

La risposta data da Giuditta Miccinesi, insegnante alle scuole primarie, è sì.

Ai suoi alunni, Miccinesi ha deciso di proporre un corso di robotica, senza però mettere da parte gli argomenti scolastici del programma: «i robot possono essere validi strumenti di supporto didattico.»

Giuditta insegna materie scientifiche e ha scelto di parlare della ‘misurazione’ e dei suoi strumenti in maniera non convenzionale. Per farlo, si è avvalsa dell’aiuto di un piccolo robot, di nome Ollie, il cui funzionamento intuitivo lo rende particolarmente adatto all’uso in classe.

Il percorso si articolava in tre incontri: uno volto a prendere confidenza col robot, uno con gli strumenti di misurazione e il terzo dedicato alla progettazione di piccoli percorsi per Ollie.

In tutte queste fasi «quello che mi interessava era aiutare i bambini e le bambine a fare delle ipotesi e a ragionare su di esse. Le domande erano volte solo e soltanto a stimolare in loro il ragionamento.»

Dunque, un progetto di scoperta empirica della conoscenza, che prevedeva l’adulto in veste di sollecitatore di quesiti e non suggeritore di risposte.

Ingrediente principale del laboratorio: il robot Ollie. Obiettivo di fondo: avvicinare i  bambini e le bambine alla robotica senza togliere ore all’insegnamento didattico ordinario. 

Il primo step dell’attività con Ollie è stato prendere confidenza con il piccolo robot. Questo si sarebbe potuto fare presentandolo agli alunni e spiegando loro cosa avevano davanti. Ma per Giuditta Miccinesi era importante adottare un approccio diverso, stimolando il ragionamento sull’oggetto che avevano davanti invece che dirigerlo.

Ecco dunque che la prima domanda che ha posto loro è stata ‘che cos’è?’.

Le risposte sono state le più varie: uno stereo, un apribottiglie elettrico, un termometro per rilevare la temperatura, una specie di piccolo aspirapolvere…

L’insegnante li ha lasciati fare, finché la parola robot non ha incominciato a circolare in maniera spontanea e sempre più frequente. A quel punto ha chiesto chiarimenti su come potesse funzionare e, dopo averli fatti ragionare in gruppo, gli ha mostrato come accenderlo e come farlo muovere.

«È bastato spiegare loro che Ollie poteva fare una sola cosa per volta ed osservarlo qualche minuto mentre lo muovevo per far emergere una prima riflessione sul concetto di inerzia» ha raccontato Miccinesi, con una certa soddisfazione.

Il robot infatti può muoversi avanti e indietro (e curvare) ma tra quando riceve il comando di arresto a quando si ferma passa sempre del tempo (e dello spazio). Una cosa che i bambini e le bambine hanno notato subito.

Una volta presa confidenza con Ollie, Giuditta Miccinesi ha posto una seconda domanda: di quanto si muove il robot?

Ancora una volta, i bambini hanno speculato per un po’, confrontandosi tra di loro. Poi qualcuno ha nominato i metri. Ecco dunque che l’insegnante è intervenuta, proponendo di misurare questi metri.

Ha tirato fuori e distribuito ai vari gruppetti dei misteriosi oggetti: una ruota metrica, una stecca con perno, una bindella, una bolla, un metro pieghevole e un calibro.

Li ha poi esortati a capire come funzionassero, lasciando come istruzione generale quella di compilare una scheda descrittiva, il cui obiettivo, di fatto, era guidare i ragionamenti.

Di tanto in tanto, l’insegnante li interrompeva con alcuni quesiti “filosofici” del tipo: «come faccio a misurare uno strumento che mi serve per misurare?». Ogni volta, gli alunni riprendevano a discutere, formulando ipotesi, confrontandole tra loro, per poi provare a verificarle empiricamente maneggiando l’oggetto: la base del metodo scientifico.

Nell’ultima parte della lezione, Giuditta Miccinesi ha messo assieme la discussione su Ollie e quella sugli strumenti di misurazione, facendo correre il robot e chiedendo ai bambini e alle bambine di riprendere in mano la domanda su quanto si muovesse.

Qui il problema dell’inerzia si è reso oltremodo palese perché tra la fine dell’accelerazione (segnalata dall’accendersi di un led) e la fine del movimento della pallina robotica passavano diversi metri.

In questo momento, l’insegnante è servito a introdurre il concetto da un punto di vista scientifico, scolastico, arrivandoci però attraverso un esempio pratico, sotto i loro occhi, già abbozzato da loro: «Ho notato che le luci si accendono ma il robot continua ad andare.»

«I freni di Ollie non sono potenti quindi la macchina continua ad andare avanti.»

Dopo aver introdotto i robot e gli strumenti di misurazione, Giuditta ha chiesto ai propri alunni e alle proprie alunne di guidare Ollie lungo il corridoio della scuola. Domandando di stimare quanta distanza e a che velocità doveva andare per arrivare in fondo.

Bambini e bambine hanno lavorato in gruppo. Questo per indurli a interagire tra loro, ad ascoltarsi e a trovare un modo di mediare e accordarsi. Queste sono competenze sociali che dopo la pandemia e, in un mondo del lavoro sempre più basato sul lavoro di squadra, sono diventate ancora più importanti.

L’obiettivo di questo step dell’attività era riflettere sulla correlazione tra spazio e tempo. I gruppi si sono divisi, hanno fatto delle ipotesi che, poi, uno alla volta, con l’aiuto di Miccinesi, hanno testato.

«Mi ha colpito molto, e in senso positivo, come spontaneamente abbiano deciso di fare tesoro dei risultati ottenuti dagli altri gruppi per non ripetere i comandi che si sono rivelati sbagliati» ha commentato Giuditta.

«Nella mia testa ognuno avrebbe dovuto provare a verificare l’ipotesi che aveva stabilito e poi eventualmente sistemarla.»

E invece alcuni alunni hanno deciso di cambiare i valori dati all’inizio sulla base delle esperienze precedenti. Ragione per cui – alla fine – Ollie è arrivato in fondo al corridoio grazie al lavoro di tutta la classe.

Una piccola conferma di quanto l’interazione coi robot, seppur implicitamente, possa essere di grande aiuto per arrivare a capire non solo un contenuto scientifico (in questo caso la relazione tra spazio, tempo e velocità) ma anche a comprendere come funziona la ricerca scientifica, che del confronto con le altre squadre del lavoro e del continuo miglioramento sulla base dei risultati passati ha fatto il proprio cardine.

Il terzo incontro, quello conclusivo, avrebbe dovuto essere dedicato alla progettazione di un semplice percorso per il robot. Ma la creatività dei bambini e delle bambine ci ha messo lo zampino…

«Le indicazioni erano di usare il materiale scolastico che avevano a disposizione e la carta a quadretti» ha raccontato Miccinesi. «Io avevo chiesto loro di fare un percorso semplice. Mi sono ritrovata con i bambini e le bambine che progettavano percorsi da scalare, tunnel, salti!»

L’insegnante li ha lasciati fare. «A me interessava che ragionassero attorno ai concetti di spazio e velocità che avevamo visto in corridoio, ma si sono scontrati anche con l’attrito. Ho capito che questi percorsi complicati in realtà erano perfetti, perché alcuni materiali facevano scivolare il robot, altri no. Dunque, implicitamente bambine e bambini hanno dovuto risolvere nuovi problemi.»

Di sfide pratiche e coinvolgenti ve ne sono state molte. Dal superare un ponte a fare i gradini senza che il robot si rompesse.

«Nel caso delle scale, per esempio, hanno capito che dovevano creare al robot una specie di sponda. Ci hanno pensato su per un po’ e poi hanno capito che potevano usare le cartelle per crearlo.»

Questo tipo di esercizi richiedono di ragionare attorno a un problema e trovare una soluzione con quello che si ha a portata. «Una competenza che si porteranno avanti per tutta la vita.»

Il percorso di Giuditta Miccinesi è uno dei lavori sviluppati durante uno dei corsi di formazione di Yunik e RobotiCSS Lab.

La ricerca condotta da Giuditta Miccinesi è un progetto universitario, semplice da realizzare e applicabile fin dall’età infantile. Sei interessata/o a provarlo con la tua classe o il gruppo di bambine/i che educhi? Contattaci!

Yunik a BergamoScienza

Yunik a BergamoScienza

YUNIK A BERGAMOSCIENZA

Per la prima volta, Yunik partecipa a BergamoScienza 2022.

Eventi, mostre, spettacoli, conferenze e laboratori per grandi e piccini: Bergamoscienza ricorda che la scienza è questione di curiosità, creatività, meraviglia e naturalmente…un po’ di rigore logico.

Ed è proprio sulla logica e sulla filosofia della scienza che si incentra il laboratorio Alla scoperta degli animali robotici, tratto dall’omonimo progetto, ideato assieme al RobotiCSS Lab e finanziato dal MUR.

Il laboratorio vuole stimolare una riflessione sui fondamenti e sulla struttura del metodo scientifico, attraverso un’attività pratica di osservazione e sperimentazione con un piccolo robot: bambini e bambine potranno mettere le mani in pasta, toccare e interagire con il robot (talvolta smontarlo, anche se non troppo!).

In questo modo andranno a ripercorrere il percorso di osservazione, elaborazione di ipotesi e sperimentazione che i ricercatori mettono in pratica ogni giorno, a prescindere dal loro ambito di ricerca.

Dal 2 al 7 ottobre Alla Scoperta degli Animali Robotici è stato usufruibile dalle scuole: sono quasi 150 gli alunni che vi hanno preso parte.

Questo weekend però ci troverete a Palazzo Frizzoni e il laboratorio sarà aperto a tutte le famiglie che vorranno prendervi parte.

Se siete interessati a partecipare prenotatevi al seguente link: https://festival.bergamoscienza.it/it/

Una nuova rubrica: #pocketsophy

Una nuova rubrica: #pocketsophy

Il progetto Alla Scoperta degli Animali Robotici è ormai avviato. Ogni settimana, dalle lezioni del corso di formazione, verranno estratti e resi disponibili sui social alcuni spunti di riflessione. Nasce la rubrica #pocketsophy

Brevi slide sulla filosofia della scienza: nasce la rubrica #pocketsophy, disponibile sugli account Instagram e Facebook del RobotiCSS Lab e dedicata ai temi affrontati durante il corso Alla Scoperta degli Animali Robotici.

Si tratta di spunti di riflessioni sul metodo scientifico, sulle domande, sul rapporto tra teorie e osservazione, sul concetto di mente e sulla comunicazione, argomenti centrali del progetto che ambisce proprio a rafforzare la consapevolezza di docenti, educatori ed educatrici su come funzioni la scienza.

Sono 95 i partecipanti all’iniziativa, ossia coloro che hanno superato il percorso di selezione per accedere al progetto di formazione organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi Milano-Bicocca. Il corso è dedicato a loro.

Tuttavia, «viviamo in una periodo in cui lo scetticismo sulla scienza è palpabile» ha dichiarato Edoardo Datteri, referente scientifico dell’iniziativa, durante la lezione di apertura. «Ma non dobbiamo stupircene. Se manca una riflessione su come funziona la pratica scientifica, certi cambiamenti risulteranno inevitabilmente contraddittori. E le contraddizioni non vanno bene». Capire come funziona la scienza, dunque, è più importante che mai.

Ecco perché relegare la riflessione sul metodo scientifico alle aule dell’Università e ai partecipanti del corso è sembrato limitante. La rubrica #pocketsophy nasce perciò per portare gli spunti di riflessione trattati al corso anche all’esterno degli ambienti accademici. 

«Li abbiamo chiamati #pocketsophy perché sono piccoli, stanno in tasca col vostro cell e tengono svegli. Anche se non contengono caffeina » recita il post di apertura su Instagram. Insomma, piccoli momenti di riflessione, a portata di cell e perfetti nelle pause caffè.

Gilda Bozzi, Barbara Gianni, Chiara Merisio: la squadra di Yunik

Gilda Bozzi, Barbara Gianni, Chiara Merisio: la squadra di Yunik

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Nella squadra di Yunik lavorano tre donne: Gilda Bozzi, Barbara Gianni e Chiara Merisio, esperte di robotica educativa, comunicazione, pedagogia.


Nelle attività proposte da Yunik, pedagogia, robotica e programmazione si mescolano assieme. A crearle e condurle sono Barbara Gianni, presidente dell’associazione, Gilda Bozzi e Chiara Merisio, rispettivamente responsabile del programma di robotica e formatrice.

È una squadra al femminile che da anni lavora con scuole di ogni ordine e grado. Soprattutto, però, è la prova concreta che robotica e programmazione non siano affatto una faccenda da maschi.

Secondo un report dell’UNESCO pubblicato nel 2017, tra gli iscritti in campo STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) solo il 35% sono ragazze o donne. Ciò evidenzia come ci sia ancora molto da fare per sradicare pregiudizi e differenze legate al genere, anche in un ambito democratico come quello scientifico, ove dovrebbe vigere il principio che conta ciò che dici prima di chi sei.

Nel suo piccolo, Yunik si impegna anche su questo fronte: facendo conoscere ed apprezzare la robotica a bambine e bambine di ogni età, mostrando, attraverso i volti delle sue formatrici, che costruire, programmare e lavorare coi robot è un gioco da ragazze.

GILDA BOZZI

Laureata in Comunicazione Interculturale con una tesi dedicata alla robotica educativa, Gilda Bozzi è responsabile dei progetti e formatrice presso Yunik e il RobotiCSS Lab dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Assieme al prof. Datteri cura il corso di Logica e di Educational Robotics. Quando non monta o programma robot si dedica a gatti, tè e tisane. Non fatela arrabbiare.

BARBARA GIANNI

Esperta di comunicazione e marketing sociale, si è occupata di diritti umani, empowerment delle donne e cooperazione internazionale, dapprima come attivista, poi  lavorando per associazioni e fondazioni nell’ambito degli aiuti umanitari, anche con ruoli dirigenziali. Da alcuni anni si è dedicata alla povertà educativa e al gender gap nelle discipline STEM. Yunik è la seconda realtà non profit che ha contribuito a fondare e far crescere. È mamma di Andrea.

CHIARA MERISIO

Laureata in Scienze Pedagogiche, ha lavorato con bambine e bambini di ogni età, inclusi quelli adulti. Ha collaborato con il MUDEC per la realizzazione di una mostra sui robot, dal 2019 è formatrice Yunik. Per l’Università degli Studi Milano-Bicocca è stata tutor degli studenti e delle studentesse con DSA. Oggi insegna coding in una scuola superiore di Milano. Non mettetele il parmigiano sulla pasta.

Sono iniziate le prime due edizioni del corso di formazione

Sono iniziate le prime due edizioni del corso di formazione

Foto realizzate durante la prima lezione di Alla Scoperta degli Animali Robotici
Foto realizzate durante la prima lezione di Alla Scoperta degli Animali Robotici

Sabato 19 febbraio sono iniziate le prime due edizioni del corso di formazione incluso nel progetto Alla Scoperta degli Animali Robotici.

Rivolto a docenti, educatori ed educatrici della scuola Primaria e Secondaria di I grado, il corso ha come obiettivo rafforzare la conoscenza del metodo scientifico.

Alla Scoperta degli Animali Robotici infatti nasce come iniziativa di promozione della cultura scientifica, intensa non tanto come trasmissione di contenuti tecnici ma come una riflessione sul suo modo di operare.

Edoardo Datteri, referente scientifico del progetto, ha voluto ribadire le ragioni di questa scelta:

Viviamo in una periodo in cui lo scetticismo sulla scienza è palpabile. Ma non dobbiamo stupircene. Se manca una riflessione su come funziona la pratica scientifica, certi cambiamenti risulteranno inevitabilmente contradditori. Per chi conosce il funzionamento della scienza è perfettamente normale che una settimana esca un paper che dice una cosa e un mese dopo un altro che afferma l’esatto opposto. Fa parte del complesso meccanismo di costruzione e ricostruzione collettiva del sapere. Per chi non sa come funziona, questa è una contraddizione e le contraddizioni non vanno bene.

La prima parte del corso è dunque dedicata a ragionare su come il metodo scientifico viene raccontato nei libri di testo, su cosa significa spiegare un fenomeno per la scienza, su quanti tipi di risposte si possono dare a un bambino o a una bambina che chiede “perché?”.

Nella seconda, queste riflessioni saranno la base per un’attività pratica che, dalle aule dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, si trasferirà nelle classi dei partecipanti.

Sotto la guida degli insegnanti e dei tutor del progetto, gli alunni osserveranno un piccolo robot già programmato nel tentativo di comprenderne il comportamento.

Così facendo, non solo metteranno in campo abilità come il saper osservare, descrivere, proporre ipotesi, previsioni ed esperimenti da testare, ma ripercorreranno in maniera pratica e coinvolgente gli step fondamentali del pensiero scientifico.

Oltre 100 gli iscritti al progetto Alla Scoperta degli Animali Robotici

Oltre 100 gli iscritti al progetto Alla Scoperta degli Animali Robotici

Oltre 100 gli iscritti al progetto Alla Scoperta degli Animali Robotici

Sono oltre 100 gli iscritti al progetto ‘Alla Scoperta degli Animali Robotici’, ideato e realizzato da Yunik e dal Roboticss Lab dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Un risultato che appare ancora più importante se si considera l’attuale pandemia.

Il progetto – finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca – consiste in un corso di formazione per insegnanti, educatori ed educatrici, volto a promuovere il metodo scientifico.

Come ha raccontato Edoardo Datteri, responsabile scientifico dell’iniziativa, in un editoriale per il quotidiano Il Giorno:

La scienza è una macchina complessa. È così complessa da apparire talvolta contraddittoria: piccole variazioni nel suo funzionamento interno possono determinare risultati molto diversi da quelli prodotti prima. Sapere come funziona questo grandioso meccanismo è importante per capire quanto possiamo fidarci dei suoi risultati. Una fiducia che è stata messa a dura prova nell’ultimo tragico biennio, appiattito su litigi sterili e contrapposizioni mediatiche.

Da qui nasce l’idea di coinvolgere i bambini delle scuole in un’attività che consentirà di ampliare le loro conoscenze sul funzionamento di questo “grandioso meccanismo”.

Di che cosa si tratta?

Ogni educatore, educatrice o insegnante riceverà un piccolo robot (chiamato Coderbot) con cui dovrà svolgere un’attività di robo-etologia. 

Il corso fornirà ai partecipanti tutte le informazioni necessarie per lavorare con il Coderbot nelle classi delle loro scuole. 

A differenza di altre attività di robotica educativa, che propongono la costruzione o la programmazione di robot da parte degli alunni, i ragazzi non si cimenteranno con il coding, ma osserveranno i comportamenti del Coderbot, proprio come etologi alle prese con una creatura vivente. Il robot, infatti, è già stato progettato ed è in grado di reagire agli stimoli esterni comportandosi in modo differente.

Gli alunni formuleranno e verificheranno le ipotesi, annotando su quaderni le proprie considerazioni circa il comportamento di questo strano “animale robotico”. Così facendo, impiegheranno lo stesso modus operandi dei ricercatori, in un’attività coinvolgente e dinamica che farà loro comprendere come funziona la pratica scientifica.

L’attività inizierà a metà febbraio e si concluderà il prossimo dicembre, quando i piccoli scienziati racconteranno in prima persona le loro scoperte in un convegno organizzato dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Affrontare meccanismi complessi come la scienza non solo è possibile ma anche necessario per diventare pensatori critici e consapevoli. Lo si può fare fin da giovani, divertendosi.