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DI SACCO IN SACCO DI SPHERO IN SPHERO

Roberta Sangiorgio è un’insegnante della scuola primaria e un’animatrice digitale. Per il corso di formazione Yunik finanziato da Bosch ha realizzato un’attività dedicata alle parole italiane, più nello specifico alla loro classificazione morfologica, avvalendosi di un piccolo robot. Gli obiettivi del progetto erano due: rafforzare le conoscenze linguistiche, sfruttando il robot come medium, e favorire la loro coesione intera.

Il primo dei tre incontri in cui è articolato il progetto è servito a prendere dimestichezza con il robot Sphero, una palla comandabile da cellulare e tablet.

«Quando l’ho tirato fuori dalla borsa subito hanno cominciato a chiedermi che cos’era.» Per capirlo però bisogna accenderlo…


Sangiorgio li ha lasciati esplorarlo: cercare il bottone di accensione, fare ipotesi, paragoni, speculazioni, dando loro tempo per confrontare i propri ragionamenti. Dopo qualche attimo è andata a prendere un secondo robot – chiamato Blue-Bot – che già avevano conosciuto.

Tra le ipotesi emerse dalla discussione collettiva c’è stata anche quella – corretta – che servisse un’applicazione per farlo funzionare; applicazione che «va scaricata da Google.»

Sangiorgio a questo punto è intervenuta per raffinare quella che lei definisce una ‘conoscenza ingenua’, cioè una conoscenza corretta,  ma ancora imprecisa. «Il mio compito da insegnante è proprio quello di rendere acquisite queste conoscenze ingenue maturate dal mondo. Ho perciò spiegato loro che quello che cercavano è Google Store, un negozio virtuale dove prendere l’applicazione.»


Installata l’applicazione sul telefono ha dato loro il tempo di sperimentare come pilotarlo. 

«Uno alla volta, ho provato a far loro muovere Sphero in modo che, nelle lezioni successive, sapessero già bene come usarlo. Tempo pochi istanti col telefono e qualcuno di loro aveva già capito come cambiare le luci del robot.»

L’ideale sarebbe stato avere un robot per gruppo di alunni. Ma di Sphero ve n’era uno: Sangiorgio dunque ha dovuto riaddattare l’attività.

«Non solo ce n’era uno a disposizione dell’intera scuola, ma nessuno l’aveva mai usato» racconta la docente. «le cose devono partire dal basso: se un Dirigente o una Dirigente comprano questi strumenti nella speranza che poi vengano usati, è assai probabile che rimangano nell’armadio a impolverarsi. Diverso è se sono le insegnanti o gli insegnanti che li portano in aula, ne parlano con i colleghi, mostrano loro come poterli usare. A quel punto vengono impiegati. Cosa che peraltro è capitata con questa attività: ne ho discusso con alcune colleghe che mi hanno chiesto di tenere un piccolo corso, in modo da poter impiegare i robot anche nelle loro ore.»
Nel prossimo articolo vi racconteremo la seconda fase dell’attività, dedicata alle parole della lingua italiana. Lab2Lab fa parte de La cassetta degli attrezzi, la sezione del sito Yunik dedicata alla condivisione di idee, attività, ricerche nell’ambito della robotica educativa.

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